sabato 12 gennaio 2008

..peccato, davvero..

rivoli di dolore corrono su queste mie maledette guance rosse.. rosse come il fuoco che mi brucia. ho solo 18 anni, per quanto tempo ancora dovrò vedere dolore nella mia vita? e se sono ancora così tenero e germoglio di vita, sono destinato a crescere insieme al dolore? anche lui quindi crescerà con la mia età? ogni giorno mi lagnerò per quello che vedo con il cuore?

tutta questa riflessione nasce da un'incontro, anche questo nato per gioco, come lo sfogo dell'altro giorno tutto nasce come un gioco. dalle quotidianità domestiche alla scelta per la cena: una pizza. ero a santhià con i miei, e quando siamo lì la pizza è quasi obbligo prenderla in una pizzeria di propiretà di cari amici, di vecchia data per i miei nonni, per i miei e per me.. questi cari amici hanno 2 figli, il più piccolo di 5 anni più di me, dell'età di mia sorella.. nella famiglia hanno sempre avuto occhi per il più grande, e come pecora nera, io mi sono perso del più piccolo, avevo 12 anni quando l'ho conosciuto più a fondo rispetto a come avevo mai fatto prima, ricordo un pranzo a casa dei nonni che comprendeva anche la famiglia degli amici in questione, seduto davanti a lui, per tutto il giorno rapito da quegli occhi luminosi, grandi, seducenti.. non capivo perchè, era assurdo pensare che mi potesse anche solo lontanamente attrarre fisicamentwe.. era un gioco psicologico, senza dubbio.. la giornata passata aveva lasciato dietro se emozioni nuove.. e il suo numero di telefono, volevo un amico e volevo lui come amico..

ho iniziato un'amicizia speciale che poi ho rovinato con una frase, una stornzata.. da lì il silenzio, la fine.. qualche tentativo poi di riprendere la veccha storia, ma invano, vedendo che l'amico aveva coltivato ben altre amicizie, troppo sbagliate, troppo dannose.

silenzio e tempo hanno accompagnato le nostre vite.. finchè questa sera ho insistito perchè la pizza fosse presa, come consuetudine, nella solita pizzeria dei tanto cari amici. erano arrivate voci giorni fa di una presunta forte depressione dell'amico perduto, inspiegata e persistente.. pare che da un anno soffra, ma solo poco tempo fa l'abbiamo saputo.. il cuore mi agitava, la mente ripercorreva quella giornata, il famoso pranzo, gli avvenimenti a seguire e tutte quelle volte in cui lo avevo visto per la strada osservandolo da lontano ma senza mai fiatare.. sotto la pioggia, preoccupato, agitato mi avvicinavo alla pizzeria, alla porta lui con una sigaretta appena spenta tra le dita.. un ciao veloce, a testa bassa.. e il tempo di poterlo guardare mentre mamma gli parlava.. così diverso, così esattamente uguale.. entriamo, saluti vari e poi lui che tra un sussurro e un altro di sua mamma sulla mia crescita, mi avvicina la mano: "piacere Jeremy". un sussulto, uno schiaffo, un gelido getto di acqua fredda. lui che mi conosceva così bene, lui che mi ha detestato forse così bene.. e poi la vera depressione, quella che ti devasta e non quella che pensi da avere ogni volta che il cellulare non prende e tu devi mandare un messagio importante, per quel momento.

sono rimasto allibito, urlavo dentro e tacevo fuori.. l'accento francese di sua madre mentre parla con la mia del più e del meno e lui che con sguardo vuoto prepara la pizza, quegli occhi prima così luminosi ora vuoti, quasi inespressivi, tra il pomodoro e la mozzarella si gira e mi sorride. una stupida frase "sei più piccolo di me, io sono dell'84, sei più piccolo ma non di molto". cazzo lo so, cazzo se lo so, ho passato non so quanto tempo a pensare al mio amico più grande di me di 5 anni, ho passato non so quanto tempo a quegli occhi e al motivo per cui io ne ero attratto.. non capivo prima.. prima non capivo.. la pizza in forno e un sorriso, lo straccio tra le mani e un sorriso, io che fingo di ascoltare le mamme e un sorriso, la pizza pronta e un sorrivo, la pizza nella scatola e un sorriso. l'ora di andar via e una pugnalata nel petto. un sorriso. questo rimane di tutto.. di tutto. un sorriso, spento, un sorriso vuoto, un sorriso privo di ricordo, privo del mio ricordo.. e poi basta. vi ho annoiato abbastanza, ma non volevo.. non volevo neanche coinvolgervi nel dolore di queste parole, che forse non rendono l'idea.. e se l'ho fatto chiedo scusa. e chiedo scusa a Jeremy se ora sono qui seduto al computer a scrivere delle mie pene e del mondo che corre invece di essere lì con lui per un aiuto che non vuole, da una persona con cui ha condiviso momenti che pare abbia ora dimenticato. andre.mela

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